Roberto del Piano

di Roberto del Piano

Billy Eckstine è un cantante dalla profonda e calda voce di baritono, così di moda negli anni Quaranta; è il periodo in cui artisti come Al Hibbler – alla corte di Duke Ellington – e Earl Coleman – che può permettersi di registrare dischi con accompagnatori famosi, da Errol Garner a Charlie Parker – sono nel cuore del pubblico statunitense, prima di essere velocemente dimenticati.

L’idolo delle teen-agers di quegli anni, però, è lui, Billy, che ha dovuto scegliersi un cognome d’arte perché quello vero, Eckstein, veniva considerato troppo “ebreo” dai gestori dei locali. Billy si fa le ossa per cinque anni nell’orchestra di Earl “Fatha” Hines, considerata una delle cinque più importanti degli Stati Uniti. Musicista capace, oltre che cantante, è un discreto arrangiatore e suona la tromba, il trombone a pistoni e la chitarra. In più è dotato di un gusto eccellente e di una curiosità che lo porta a cercare continuamente nuovi talenti da coltivare; proprio questa curiosità lo porta, nell’autunno del 1942, al Teatro Apollo di Harlem, ove si tiene una delle ricorrenti serate dedicate ai dilettanti in cerca di notorietà o, più prosaicamente, di una possibilità di mettere in tasca qualche dollaro per tirare avanti.

Sarah Vaughan nel 1946 (William P. Gottlieb)
Sarah Vaughan nel 1946 (William P. Gottlieb)

Quella sera si presenta una ragazza timida, che deve fare ricorso a tutto il suo coraggio per salire sul palco a interpretare Body and soul, un brano difficile e impegnativo capace di mandare in crisi professionisti navigati; la giovane non solo vince il concorso, ma Eckstine la prende sotto la sua tutela e convince Earl Hines, il suo capo orchestra di allora, a ingaggiarla come seconda cantante e, all’occorrenza, pianista. È l’inizio di una carriera straordinaria. E forse non è un caso che, dieci anni prima, la stessa cosa fosse capitata all’allora sconosciuta Ella Fitzgerald.

Sarah Vaughan (a destra) ed Ella Fitzgerald in una foto di autore non noto, presumibilmente di fine anni Sessanta
Sarah Vaughan (a destra) ed Ella Fitzgerald in una foto di autore non noto, presumibilmente di fine anni Sessanta

Sarah Vaughan è nata a Newark, New Jersey, il 27 marzo 1924, unica figlia di un falegname e di una lavandaia, entrambi appassionati di musica; si avvicina al mondo dei suoni poco dopo aver imparato a camminare e i genitori fanno sacrifici per permetterle di prendere lezioni di piano. Da adolescente si esibisce come organista e solista del coro in una chiesa battista della città

Al momento della sua fortunata esibizione all’Apollo ha appena diciassette anni. Il suo carattere, fragile e insicuro, sarà il suo perenne cruccio durante tutta la carriera, tenuto a bada con la volontà ma, purtroppo, anche con la droga. Prima di ogni esibizione viene presa da attacchi di panico, famosi i suoi mal di pancia e conati di vomito dietro le quinte. Anche per questo motivo resta per tutta la vita legata al suo mentore e amico, Billy Eckstine. Prima nell’orchestra di Hines, poi in quella che Eckstine formerà in proprio nel 1944, ha occasione di lavorare con molti dei giovani leoni che stanno ponendo le basi per la rivoluzione musicale che resterà nella storia col nome di “bebop”: Dizzy Gillespie, Gene Ammons, Art Blakey e Dexter Gordon.

All’inizio della carriera, rimane segnata, probabilmente per sempre, dalle parole ingiuste e sessite di un recensore newyorchese: «Non è esattamente bella da vedere, ha una faccia piena di denti con un naso appiattito da salto con gli sci, occhi quasi orientali e una fronte bassa oppressa da un mucchio di capelli neri».

L’11 maggio 1945, a New York, registra un brano, Lover man, con Dizzy Gillespie & his All Stars, gruppo del quale fa parte anche Charlie Parker; il 25 maggio tre brani a suo nome «with Dizzy Gillespie Septet» che comprende, tra gli altri, ancora Charlie Parker, il pianista Tadd Dameron e il batterista Max Roach.

Sono questi i brani che la faranno considerare un’esponente dello stile jazzistico chiamato “bebop”; in realtà Sarah non è stata, e comunque non solo, una cantante di jazz, ma una cantante tout court, forse la maggiore interprete, dopo Ella Fitzgerald, di quello che può essere definito il «grande songbook statunitense». È stata considerata, a ragione, una delle voci più stupefacenti del XX secolo. Così dice di lei Billy Eckstine: «Escludendo la musica lirica, Sarah possiede il più bel suono che io abbia mai ascoltato da una voce umana. E le cose che può fare con la sua voce! E inoltre è una musicista, come ho sempre affermato». Sarah ha una estensione di tre ottave, con una varietà di suono e di timbro impressionanti e una padronanza delle armonie dei brani assoluta, che le permettono variazioni e improvvisazioni ardite.

Nel 1947 si sposa col trombettista George Treadwell, che le farà a lungo da manager. Per tutti gli anni Cinquanta sforna un successo dietro l’altro, conquistando il pubblico e la critica; è in questo periodo che le viene dato il soprannome “Sassy”, che la accompagnerà per il resto della vita.

Sarah Vaughan a Chicago nel 1948 (Ted Williams)
Sarah Vaughan a Chicago nel 1948 (Ted Williams)

Nel 1951 debutta alla Carnegie Hall, accompagnata, tra gli altri, dal sassofonista Lester Young e dal pianista Errol Garner; nel 1954 effettua una celebre serie di registrazioni con lo straordinario quanto sfortunato trombettista Clifford Brown, che morirà giovanissimo in un incidente stradale; l’anno successivo registra per la EmArcy Sarah Vaughan in the Land of Hi-Fi, accompagnata da un’orchestra diretta da Ernie Wilkins, che cura anche gli arrangiamenti, e che ha nelle sue fila grandi jazzisti come i trombonisti Kai Winding e Jay Jay Johnson, il sassofonista Cannonball Adderley e il batterista Roy Haynes; due anni dopo, per la Mercury, incide un album dedicato alle canzoni del compositore Irving Berlin, nel quale duetta con Billy Eckstine, riportando il suo mentore sotto le luci della ribalta.

Sarah Vaughan a Parigi, nell’abitazione di Quincy Jones, il 27 luglio 1958 (Jean-Pierre Leloir)
Sarah Vaughan a Parigi, nell’abitazione di Quincy Jones, il 27 luglio 1958 (Jean-Pierre Leloir)

Nel 1960 si sposa una seconda volta col giocatore di football Clyde Atkins: la coppia, non potendo avere figli naturali, l’anno successivo adotta una bambina; purtroppo, questo secondo matrimonio ha breve durata a causa del comportamento violento di lui.

In una intervista del 1961 fattale dalla giornalista Barbara Gardner, Sarah Vaughan parla di sé stessa: «Ho spesso desiderato di essere di un colore di pelle marrone medio. Immaginavo che le persone di quel colore fossero apprezzate più di me. Per la maggior parte delle persone che mi conoscevano, pensavo, ero solo un’altra ragazzina nera per la quale il futuro era oscuro come lo era per migliaia di altre come me».

A partire dagli anni Sessanta, i suoi rapporti con il jazz si fanno sempre più rarefatti: Sarah ingloba nel suo repertorio un po’ di tutto, dalla bossa nova ai Beatles, dalle canzoni di Henry Mancini e Burt Bacharach ai successi tratti dai musical.

Nel 1974, per il suo cinquantesimo compleanno, la Carnegie Hall organizza tre serate con ospiti d’eccezione, da Count Basie a Gerry Mulligan e ai cantanti Mel Tormé e Betty Carter.

Nel 1983 le viene consegnato un premio Grammy per l’incisione di un album monografico su Gerschwin: si tratta di un concerto nel quale è accompagnata dalla Los Angeles Philarmonic Orchestra diretta da Michael Tilson Thomas. È probabilmente l’apice artistico della sua maturità, un disco di immensa eleganza al servizio di una sontuosa track-listing.

Sarah Vaughan all'International Jazz Festival di Nizza, il 16 giugno 1984 (Raph Gatti/AFP/Getty Images)
Sarah Vaughan all’International Jazz Festival di Nizza, il 16 giugno 1984 (Raph Gatti/AFP/Getty Images)

Del 1986 è uno straordinario incontro “live”, allo Storyville Jazz Club di New Orleans, con musicisti di estrazione diversissima, da Dizzy Gillespie a Herbie Hancock, fino al grande esponente del jazz d’avanguardia Don Cherry, il tutto testimoniato dal DVD Sass n Brass.

Nel 1989 le viene assegnato un secondo Grammy, alla carriera; Sarah continua a esibirsi praticamente fino alla morte, che la coglie il 3 aprile del 1990, poco dopo il suo sessantaseiesimo compleanno.

Sarah Vaughan e Billy Eckstine al Monterey Jazz Festival, il 18 settembre 1981 (Brian McMillen)
Sarah Vaughan e Billy Eckstine al Monterey Jazz Festival, il 18 settembre 1981 (Brian McMillen)

Alla notizia della morte di Sassy, Billy Eckstine ha un primo infarto; poi il suo grande cuore non regge alla scomparsa di altri grandi amici: Dexter Gordon il 25 aprile 1990, Art Blakey il 16 ottobre 1990, Miles Davis il 28 settembre 1991 e Dizzy Gillespie il 6 gennaio 1993. Poche settimane dopo, l’8 marzo 1993, quello che la grande cantante più volte definì, dai palchi dove si esibiva, «il mio amico, mio padre, il mio sangue», inizia a sua volta l’ultimo viaggio.


Nota redazionale: pensiamo sia utile aggiungere all’articolo di Roberto del Piano un video sul meglio di Sarah Vaughan

Il meglio di Sarah Vaughan su youtube

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