foto affiancate di Carlo Ubertone e Nino Martino
Carlo Ubertone e Nino Martino

Nino Martino, Carlo Ubertone

immagine generata da una Ia: uno studente terrorizzato da uno stormo di formule incomprensibili e difficili da ricordare
immagine generata da una IA: uno studente terrorizzato da uno stormo di formule incomprensibili e difficili da ricordare

Inutile piangersi addosso, la società è cambiata. Nell’epoca della diffusione della rete, la creazione del sapere tende a diventare collettiva. Non si può insegnare “come una volta”. E nemmeno è un problema di tecnologia tipo un computer ogni studente e tutti in rete. Già, ma per fare cosa?
Qui esploriamo la possibilità di un metodo di insegnamento radicalmente collettivo, a diversi livelli, in una prima classe del biennio di liceo scientifico. Il tentativo, che pare a detti di altri riuscito, è stato quello di fondere pratica sperimentale, esigenza di teoria, costruzione di teoria, utilizzo di strumenti avanzati digitali.

Esiste da sempre un significativo problema didattico in un corso di laboratorio, a qualsiasi livello venga fatto. In un laboratorio i fanno misure. Le misure contengono sempre un’incertezza nel loro valore, ineliminabile. Non esistono misure esatte, facciamocene una ragione. Questo dipende da miriadi di fattori. Allora ogni corso di laboratorio inizia sempre con una serie di lezioni … teoriche. Si tratta in genere di un corposo numero di ore, normalmente impropriamente chiamato “teoria degli errori” ma più correttamente “teoria della misura”. La lavagna si riempe rapidamente di formule. Ogni formula è concatenata all’altra, passaggi matematici si susseguono uno all’altro. In genere lo spazio è di diverse lezioni.

Come si fa a fare misure se non si conosce la teoria degli errori? Il ragionamento sembra corretto e generazioni si tramandano la sequenza: “prima la teoria degli errori e le sue formule e poi si va in laboratorio e si fanno le misure e si elaborano con la teoria degli errori appresa nelle lezioni teoriche”.

Ineccepibile, vero?

Ma c’è questo risultato curioso: gli studenti vanno in laboratorio, fanno le misure e … non sanno applicare la teoria degli errori, sanno le formule, ma fanno parte di una sfera separata. Alcuni ovviamente le applicano, magari con qualche risultato, ma la maggioranza deve ricorrere agli appunti, al libro, deve scegliere la formula giusta, non distinguono bene fra errore assoluto e errore relativo in quello che stanno facendo. E poi c’è lo scarto quadratico medio, un nome di per sé abbastanza terrificante, e c’è anche il sigma.

L’insegnante normalmente perde la pazienza. Ma come, abbiamo passato ore a fare la teoria degli errori, perché trovate difficoltà ad applicarla?

Prima la teoria, poi la pratica. Ormai è diventato un mantra vagamente ossessivo. Poi c’è il mantra opposto, la pratica è tutto, la teoria è astrazioni e, bisogna essere concreti, pratici, la pratica innanzitutto.

Nel corso di laboratorio che abbiamo tenuto in un liceo scientifico, al primo anno, abbiamo rovesciato la sequenza. Abbiamo fatto scontrare gli studenti con le difficoltà connesse alla misura, alla banale misura dell’area di un pezzo di carta tagliato alla qualunque.

Gli studenti erano divisi in gruppi di tre-quattro. Avevano a disposizione spago, righello, bilancia (bilancia?! Certo, e ne è venuto fuori qualche cosa di inaspettatamente interessante). Poi abbiamo ritagliato da un foglio di carta delle aree irregolari, tagliate a caso e a ciascun gruppo abbiamo dato un’area differente.

Non abbiamo dato un metodo standard di misura, ciascun gruppo poteva misurare l’aera come voleva, basta che alla fine desse una misura dell’aera che avevano di fronte. poi i gruppi si scambiavano i pezzi di carta da misurare. Il risultato è stato … il caos. La stessa area misurata da gruppi differenti, sia con lo stesso metodo che con metodi differenti, aveva valori differenti. Non esageratamente differenti, via, ma indiscutibilmente un poco diversi uno dall’altro.

Crollava una prima certezza. L’aerea era lì, concretamente sotto gli occhi, la sua superficie doveva avere per forza un valore numerico, eppure i valori numerici variavano a seconda del gruppo, anche, e lo ripeto, se il metodo usato per misurare fosse stato lo stesso.

Gli studenti scoprivano che NON esistono misure esatte, per quanto si facesse attenzione. Quindi non esiste la misura, non esiste la possibilità di misurare alcunché? No si vedeva chiaramente che i valori della misura di una certa area formavano un gruppo abbastanza stretto, non era sparpagliati a caso.
NON esiste la misura esatta, ma una misura grossomodo più probabile, più credibile, esisteva, era possibile calcolarla in qualche modo.

Gli studenti avevano scoperto la necessità di una teoria degli errori. Era necessaria fare un’astrazione, passare a considerazioni con simboli, con formule. Elaborare una teoria astratta, la teoria degli errori.

Una volta fatta l’astrazione matematica questa poteva essere applicata non solo alla misura dell’area di una superficie, ma anche alla misura del tempo di oscillazione di un pendolo, in realtà a ogni cosa che avesse necessità di essere misurata.

Questa è la potenza dell’astrazione. Per capire meglio le cose non si deve essere concreti, bisogna essere astratti (affermazione paradossale, ma corretta al di là dell’apparenza e dei luoghi comuni).

Risultato didattico? Eccellente. La teoria degli errori, introdotta via via a livelli più complessi, era appresa senza sforzo, e soprattutto senza sforzo era applicata a ogni tipo di misura.
Tra l’altro si introduceva sotterraneamente, in modo velato, che questo è anche il rapporto fra teoria e realtà sperimentale. Non c’è un prima e un dopo, c’è una fusione dialettica.

Qui di seguito le diverse fasi del lavoro dei gruppi. Per velocità di caricamento abbiamo suddiviso in tre pagine correlate.

la misura di una area di forma irregolare – Premessa

la misura di una area di forma irregolare – Laboratorio

la misura di una area di forma irregolare – Elaborazione misure


Piano complessivo:
Alla ricerca del metodo
la misura di una area di forma irregolare – Premessa
la misura di una area di forma irregolare – Laboratorio
la misura di una area di forma irregolare – Elaborazione misure
oggetti che cadono e metodo scientifico
gli oggetti cadono anche a Zuoz (Svizzera)
Osservare e studiare l’oscillazione di un pendolo
Il pendolo in laboratorio
Il pendolo in laboratorio – punto della situazione
Prima o poi arriveremo da qualche parte
Trattamento dati con excell
Teoria e link vari
Il fenomeno dell’elasticità prima lezione
il fenomeno dell’elasticità report di laboratorio
il fenomeno dell’elasticità e le grandezze proporzionali
gli elastici sono veramente elastici?
… e via via altro ancora…

Una risposta a “La misura di un’area di forma irregolare-Premessa”

  1. Avatar Augusto Chiarle

    Davvero interessante e istruttivo.

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