Dina Lentini

Recensione al romanzo Acqua Rossa, di Yurica Pavičić, Keller, 2022

La transizione della Croazia dal comunismo alla realtà contemporanea in un poliziesco che indaga l’intreccio fra esistenze individuali e collettive

Gran premio della letteratura poliziesca. Premio Mystère della critica. Premio Le Point Du Polar Eropéen

Croazia, 1989. La vita scorre lenta e uguale, generazione dopo generazione, in un antico borgo marinaro, non lontano da Spalato. Sono passati circa trent’anni dall’epoca eroica della resistenza jugoslava: in quello che era uno dei territori a più alta instabilità politica la lotta partigiana aveva raggiunto, con una determinazione e una capacità di autonomia imparagonabili rispetto agli altri movimenti europei, gli obiettivi dell’unità nazionale, della pacificazione e della propria via al socialismo. Il nuovo ordine si era affermato in ogni area urbana e rurale, raggiungendo anche i più piccoli villaggi della costa dalmata.

Nel 1989 il maresciallo Tito è morto ormai da nove anni e altri eventi stanno per sconvolgere il fragile equilibrio internazionale ed europeo. In Croazia, come nel resto dell’Iugoslavia, si respira un clima di decadenza, di sfaldamento. Lentamente i veleni della droga, della criminalità, della speculazione selvaggia hanno corrotto il paese e le famiglie. I giovani si ritrovano stretti in una morsa di transizione fra il passato e nuovi modelli. Da un lato i loro genitori e nonni hanno conservato la fierezza degli antichi ideali o hanno ripiegato in una dimensione di chiusura, di disillusione rassegnata. Dall’altro, le tentazioni incalzano. I ragazzi finiscono per scegliere vie facili, tra disincanto, corruzione, cinismo. Per le famiglie, impegnate nella lotta quotidiana per la sopravvivenza economica e umana, risulta difficile cogliere i segnali di questo tipo di deriva che trascina i loro figli.

Nel settembre 1989 Silva Vela, figlia diciassettenne di Jakov e Vesna, scompare. A nulla valgono le ricerche. La verità verrà alla luce, parzialmente, quasi trent’anni dopo.

In un lungo e appassionante romanzo, Jurica Pavcic descrive, attraverso la trama poliziesca, l’evoluzione di una famiglia, di un paese, di una nazione, di uno scenario europeo, di un modello di vita. I destini individuali si intrecciano con quelli collettivi e i protagonisti scelgono o subiscono scelte fondamentali per la propria esistenza con livelli diversi di consapevolezza.

Per la famiglia Vela la vita si spezza improvvisamente fissandosi al settembre 1989. A partire da quella data tutto cambia e le relazioni personali si trasformano per sempre all’interno e all’esterno dell’ambiente domestico. Un uomo e una donna si sono amati e hanno costruito la loro esistenza semplice ma dignitosa in una casa modesta trasmessa loro dai parenti. Lì hanno cresciuto i loro figli gemelli, un ragazzo e una ragazza. Per loro e per se stessi hanno lavorato e fatto progetti. Poi la ragazza, un’adolescente come tante altre, bella e un po’ sfrontata, sparisce nel nulla. E’ stata rapita, uccisa, o si è allontanata di sua propria volontà? Ma in questo caso, se avesse deciso di costruire altrove la propria vita, perché non dare alcun segno di rassicurazione ai parenti? Il tempo passa e Silva, se viva, è ormai maggiorenne: le indagini devono necessariamente assumere un’altra dimensione.

Tra i familiari c’è chi si arrende rifugiandosi in una dimensione passiva di isolamento, fino a compromettere l’attività lavorativa. C’è chi, in preda a un furor rabbioso, coltiva una lotta feroce contro tutti sacrificando ogni cosa, anche la propria umanità, all’obiettivo primario di trovare tracce della scomparsa. C’è Mate, il ragazzo che non ha percepito alcun segno di comportamento a rischio nella sorella, ma che ora è deciso a dedicarsi interamente alla ricerca della sua gemella. Questo scopo, sempre più disperato man mano che passano gli anni, condizionerà tutta la sua vita, dalla rinuncia agli studi alle scelte professionali e, alla lunga, anche alle relazioni sentimentali.

La disgregazione della famiglia Vela corre parallela alla crisi sociale e politica, in accelerata. Già tra il 1990 e il 1991 molte aziende hanno chiuso, il governo ha dovuto svalutare il dinaro, i salari non solo sono stati erosi dall’inflazione ma sono a rischio. I comunisti croati e sloveni hanno abbandonato il congresso del partito a Belgrado e, di colpo, è come se lo stato non esistesse più. Intanto una testimone dichiara di aver visto Silva e di averle parlato il giorno cruciale della scomparsa: la ragazza acquistava il biglietto alla stazione, in partenza per una destinazione ignota.

Inizia così per Mate la serie di viaggi infiniti per borghi jugoslavi e città europee.

Silva è sospesa nel limbo delle persone scomparse, né morta né viva, una figura sempre più evanescente. E intanto, nella sua realtà catastrofica, scoppia la guerra.

E il tempo passa e, dopo cinque anni di conflitto bellico, sulla costa dalmata torna la pace. La ricerca di Silva da parte dei familiari ha subito rallentamenti e fasi alterne di speranze e delusioni, ma non è mai stata interrotta. Intanto, il mondo, la società, tutto è cambiato.

Nei primi anni duemila Gorki Šain, il poliziotto che all’inizio ha seguito l’indagine su Silva Vela, è tornato sui luoghi del suo primo incarico. Sono passati quindici anni da quel settembre, dall’ultimo autunno del comunismo jugoslavo. Caduto in disgrazia, in quanto nipote di un eroe della resistenza titina, Gorki svolge ora un ruolo adatto ai nuovi tempi. Agente di un gruppo immobiliare tra i più potenti e spregiudicati, si occupa di mediazioni per l’acquisto di aree da destinare a imprese turistiche sulla costa. È un uomo ricco e di successo. Dell’inchiesta su Silva non ha dimenticato nulla, non un volto, non un luogo. Perché quel caso ha coinciso con la fine del suo mondo, un mondo che sembrava incrollabile e che si è afflosciato in pochi mesi. Ma dovranno passare ancora molti anni prima che l’ex poliziotto riesca a ricostruire vecchi indizi che vanno intrecciandosi proprio con il suo nuovo mestiere al servizio della trasformazione del territorio in area turistica di gran lusso. Allora saprà la verità.

Fra tutti, Gorki è il personaggio che meglio incarna la trasformazione di un’epoca e di una società. È anche la persona con il più alto grado di riflessione sugli eventi collettivi che lo hanno travolto e sul singolo caso umano affrontato all’inizio della carriera. La scomparsa di Silva ha coinvolto, distruggendoli, degli innocenti. I giovani hanno pagato un prezzo altissimo. Alcuni, come Mate, hanno attinto a risorse personali di equilibrio e hanno saputo, nonostante tutto, conquistarsi una vita sana e serena. Altri sono rimasti vittime delle loro debolezze. Gorki sa che non è semplice stabilire un confine tra colpa e innocenza. Forse c’è qualcosa di vero nel delirio autopunitivo di chi attribuisce alla propria colpa individuale la responsabilità del degrado ambientale, morale, umano che si va consumando in una civiltà che ha smarrito se stessa. Esiste un rapporto tra il peccato individuale e la perdita dell’innocenza collettiva? L’ex poliziotto sa che lui stesso è un uomo che si è dovuto adattare. Anche lui, brillante e giovane professionista nel passato, è stato sommerso e si è lasciato trasformare in un’ altra persona.

Dopo ventisette anni dalla scomparsa di Silva, Gorki finalmente sa.

Guarda il paesaggio magnifico, contempla per un’ultima volta quei luoghi che hanno significato tanto per lui e dove non tornerà più.

La notte è calma sul molo, non lontano dalla spettacolare residenza turistica che lui stesso ha contribuito a creare. Poi l’acqua comincia a incresparsi, in preda a un’improvvisa turbolenza. Ora il mare che lo circonda continua a ingrossare ed è come un’inondazione, una piaga biblica destinata a travolgere un mondo che ha perso ogni residuo di umanità. L’acqua sale, rossa.

Torre degli Ulivi, ottobre 2022

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