Una donna dal lungo vestito, vista di spalle è sospesa sull'immagine azzurra della Terra, di fronte a lei si apre una porta verso un altro mondo

Il fantastico è un genere molto antico, che affonda le radici nel mito e nella fiaba. Variegato e influenzato dall’epoca e dalle tradizioni nel quale si è sviluppato, richiede definizioni flessibili che tengano conto del contesto storico e culturale. La sua natura multiforme e fecondamente ambigua consente a chi scrive di trasgredire le leggi della natura e del tempo e di porre domande sulla nostra umanità. Giocando sulle nostre paure, il fantastico svela il nostro timore della diversità e può insegnarci la tolleranza.

«Fantastico» è di per sé una parola comune a tutto il mondo perché l’immaginazione si lega a ciò che dimora nel cuore e nell’animo di ogni uomo e donna. Inoue Masahiko, 20051

Il fantastico è un genere molto antico, che affonda le radici nel mito e nella fiaba, difficile da definire perché ci accompagna fin da quando gli umani, come ci testimoniano le variegate meraviglie dell’arte rupestre diffusa in tutto il mondo, hanno imparato ad andare oltre le necessità impellenti della sopravvivenza. Mi piace raffigurarmeli, la sera, seduti accanto al fuoco a immaginare storie. Da allora in poi, il fantastico ha continuato a svilupparsi, cambiando insieme al reale da cui è germogliato e di cui è lo specchio.

Poiché l’attitudine a fantasticare, a immaginare, è propria dell’umanità, molti studiosi hanno tentato di dare al termine Fantastico una definizione soddisfacente e il più possibile precisa. La letteratura fantastica di Tzvetan Todorov (1970) rimane un testo fondante e ricco di spunti. Esaminiamone l’aspetto principale:

Nel nostro mondo – che chiamerò il mondo Primario – si verifica un avvenimento che non si può spiegare con le leggi consuete che lo governano (esempio tipico: la presenza di un fantasma). Chi, nella narrazione, percepisce l’avvenimento – ma anche chi legge – è sospeso fra due soluzioni possibili: o l’avvenimento inspiegabile è frutto di un’illusione dei sensi, dell’immaginazione – e in tal caso le leggi del mondo rimangono integre – oppure la presenza è parte integrante del reale. Ma, allora, questa realtà è governata (anche) da leggi a noi ignote.

Qualcuno, personaggio, narratore e soprattutto lettore, deve scegliere tra le due possibilità, oppure attuare quella che viene chiamata la sospensione di incredulità, un patto fra autore e lettore. Questo, a essere sincera, è una delle ragioni principali che mi fa amare il fantastico: il ruolo attivo che mi riconosce, il rispetto per il mio libero arbitrio, anche quello di NON scegliere.

L’analisi di Todorov è molto più complessa e intrigante di così, ovviamente, individua temi dell’Io e del Tu, chiama in causa con cautela la psicoanalisi, assegna alle forze soprannaturali un ruolo importante nel trascorrere del racconto fantastico da un equilibrio iniziale a uno finale differente… Il successo della sua teoria è forse dovuto anche a questo approccio astratto, concentrato più sulla posizione del lettore che sul contesto storico e sociale nel quale è situata ogni opera fantastica.

Compiendo un passo ulteriore, per Roger Caillois, altro studioso e autore de l’Anthologie du fantastique, il fantastico non può che nascere e svilupparsi in un mondo dal quale il miracolo è stato bandito e in cui a ogni effetto è collegata una causa rigorosamente identificabile. In poche parole nel mondo della modernità. il fantastico, quindi, si sviluppa nell’Ottocento e nel primo Novecento, all’interno di uno spazio umano, artificiale e urbano.(2)

Resta il fatto che queste teorie tentano di mettere a confronto letterature appartenenti a epoche e soprattutto tradizioni che hanno poco in comune, come se il concetto potesse operare in modo identico malgrado le notevoli divergenze e, a partire dal Novecento, i mezzi artistici più disparati (letteratura alta e letteratura di massa, cinema, fumetto…).

La narrativa fantastica – e qui uso il termine semplicemente come quell’ipergenere che non si limita a narrare il reale – è parente e spesso contaminata con tanti altri generi anch’essi difficili da separare e definire con precisione: fantasy, fantascienza, horror, ghost story, occulto, fiabesco, steampunk, weird ecc. Inoltre, è indispensabile, davanti al fiorire di narrazioni che provengono da tutte le macro-aree del mondo, tenere in conto i contesti sociali e storici nei quali le tante facce del fantastico si sono sviluppate.

A questo proposito vorrei ricordare Silenziosa sfiorisce la pelle della motswana Tlotlo Tsaamase (3), un romanzo onirico e potente nel quale gli elementi fantastici non irrompono nella realtà ma le scorrono a fianco e la consolidano, suggerendo riflessioni sulla forza della tradizione, la colonizzazione, il valore fondante della lingua e il gender.

Così, per allargare lo sguardo e rendere l’idea di quanto questo ipergenere sia vasto e dai contorni sfrangiati, affiancherei a «letteratura fantastica» la denominazione «letteratura dell’immaginario» (che prendo a prestito da una bella serie di incontri organizzati dall’associazione La Dimora), perché consente esplorazioni almeno tangenziali di spazi letterari contigui. Proviamo a prenderne in esame alcuni.

La fantascienza, ad esempio, definita letteratura del possibile in quanto affronta temi che nel presente non sono possibili ma potrebbero diventarlo in futuro. Un buon esempio è la space opera: la scoperta di nuovi pianeti grazie alla velocità ultraluce ora non è possibile ma nel futuro forse sì. Sottolineo, comunque, che questa definizione attiene al valore predittivo della fantascienza, un «compito» che non ha e non dovrebbe rivendicare; il suo merito, invece, sta nel narrare storie che mettono in luce le contraddizioni dell’attuale società.

La fantascienza, inoltre, ha in comune con il fantasy la caratteristica di creare di mondi Secondari e società planetarie differenti.

Un altro punto di contatto tra il fantasy e la fantascienza è la frequentazione del fantasy da parte di molti suoi autori e autrici. Esempi di tutto rispetto sono Ursula K. Le Guin, con la sua Saga di Terramare, e China Mieville, autore anche di urban fantasy come La città e la città, Un regno in ombra e molti altri romanzi. Un altro autore che ha frequentato sia la fantascienza sia il fantastico con ottimi esiti è Jack Vance. Alice Sheldon/James Tiptree jr, nel suo romanzo breve fantascientifico Un momentaneo gusto di esistere (1978), utilizza il registro fantastico facendo ricorso a un punto di vista narrativo interno; la vicenda si snoda puntando sull’incertezza della percezione, è narrata esclusivamente in prima persona – la meno affidabile – e induce chi legge a porsi la classica domanda: «devo crederci?».

Queste ibridazioni sono una delle ricchezze della letteratura dell’immaginario; il fantastico, definito dalla propria impossibilità, si affianca alla fantascienza come luogo privilegiato per smontare, ricostruire e reimmaginare bisogni e desideri ignorati o soppressi degli umani, rendendoli materia di discussione.

Chi scrive letteratura dell’immaginario, in cambio della sospensione di incredulità, compie per i lettori un esperimento in vitro: trasgredisce le leggi che conosciamo della materia, della biologia e del tempo, inducendo chi legge a farsi domande sulla propria natura umana nel confronto con chi umano non è (alieni) o non è più (vampiri, revenant, monstra di ogni tipo). Le società che immagina per noi giocano con le nostre paure del diverso insegnandoci la tolleranza.

In un racconto fantastico può succedere pochissimo, quasi nulla, ma quel pochissimo può letteralmente scardinare il reale, mettere in discussione la nostra percezione del mondo.

Ed è questa sua essenza che permette alla letteratura dell’immaginario di riverberarsi senza sbavature su qualunque altra forma di narrativa (anche sul mainstream che di solito non riconosce questo debito), di farci riflettere sul mondo fuori di noi e di scavare in profondità nel nostro io.

Ecco perché definisco «liquida» questa entità letteraria multiforme: per i suoi confini incerti, indissolubilmente legati alla visione e alla percezione, per la sua capacità di nascere in culture tanto differenti, di ibridarsi e adattarsi a forme artistiche diverse. E per la sua feconda ambiguità.

(1). Inoue Masahiko, La risonanza del Kotodama, Alia 3, antologia di narrativa fantastica 2005. Trad. Massimo Soumaré

(2). Elisa Segnini; Vittorio Frigerio La narraziome fantastica e il mondo naturale, introduzione. In Belphégor, Littérature populaire et culture médiatique 2014, Fantastic Narratives

(3). Tlotlo Tsaamase, Silenziosa sfiorisce la pelle, Zona 42, I libri dell’Iguana, 2022. Trad. Giulia Lenti

4 risposte a “Il fantastico, genere liquido”

  1. Avatar Giovanna Repetto
    Giovanna Repetto

    Bellissimo articolo, pieno di spunti di riflessione.

  2. Avatar Romina

    Ciao, Silvia. Articolo ricco di suggestioni.
    In merito a “Ed è questa sua essenza che permette alla letteratura dell’immaginario di riverberarsi senza sbavature su qualunque altra forma di narrativa (anche sul mainstream che di solito non riconosce questo debito)”, come dovrebbe fare il mainstream a riconoscere il debito per non compiere il peccato di appropriazione indebita?

    1. Avatar Silvia Treves

      Ciao, Romina. La tua è una bella domanda… Penso che il mainstream più volte abbia intercettato tematiche suggestive esplorate anche, e prima, dalla letteratura dell’immaginario. Ad esempio il tema dell’intelligenza artificiale affrontato da Ian McEwan in “Macchine come me” e da Ishiguro in “Klara e il sole” (citati anche da Massimo Citi in una breve chiacchierata con Nino Martino) Ishiguro, fra l’altro ha affrontato anche il tema della clonazione in “Non lasciarmi”. Penso che il mainstream tema di essere apparentato a narrazioni relegate per tanto tempo in un genere “minore”, Forse ci vorrebbero auttorǝ “ponte” come fu Simenon per il genere giallo: uno scrittore che ha scritto tanti gialli di Maigret e tanti ottimi romanzi nei quali il giallo era uno degli aspetti del narrare. Certo, il giallo condivide l’ambientazione con il mainstream, non ha bisogno di inventare nuovi mondi. Anche uno scrittore come Philip Dick è difficile da relegare nella SF, nonostante la poca cura stilistica di alcune sue opere. In ogni caso esplorare temi simili non dice nulla sulla qualità di opere differenti, io penso che il mainstream potrebbe dormire sonni tranquilli e riconoscere che certi temi appartengono allo spirito dei tempi, anche se forse alcuni autori di genere li hanno immaginati prima.

      1. Avatar Romina

        Grazie. Mi domando, però se chi si appropria indebitamente sa che lo sta facendo.

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