Sonia Cannas

Accordi. Chiunque abbia provato a suonare la chitarra avrà cercato di imparare gli accordi di qualche canzone. Cosa significa suonare un accordo? Significa semplicemente suonare più note in contemporanea. Nella chitarra cambiando la posizione delle dita sulle 6 corde si ottengono accordi diversi. Analogamente in un pianoforte basta schiacciare simultaneamente tasti diversi.

Accordi

Chiunque abbia provato a suonare la chitarra avrà cercato di imparare gli accordi di qualche canzone. Cosa significa suonare un accordo? Significa semplicemente suonare più note in contemporanea. Nella chitarra cambiando la posizione delle dita sulle 6 corde si ottengono accordi diversi. Analogamente in un pianoforte basta schiacciare simultaneamente tasti diversi.

Possiamo quindi definire un accordo come la sovrapposizione di più suoni o, ancora meglio, come la combinazione di due o più intervalli armonici1.

In realtà in musica molto spesso si trovano anche accordi le cui note che lo compongono non vengono suonate contemporaneamente ma una dopo l’altra, in questo caso si parla di accordi melodici, chiamati più propriamente arpeggi.

I suoni che determinano un accordo vengono contati una sola volta a prescindere dall’ottava a cui appartengono. Nella figura precedente, ad esempio, le note che formano l’accordo sono: Do, Mi, Sol.

Esistono vari tipi di accordi, principalmente essi differiscono per il numero di suoni che li compongono e per gli intervalli fra tali suoni.

Gli accordi basilari dell’armonia2 si ottengono sovrapponendo due o più terze, cioè più note a distanza intervallare di terza l’una dall’altra. A seconda del numero di note presenti gli accordi prendono il nome di:

  • triadi (accordi di 3 suoni);
  • quadriadi o settime (accordi di 4 suoni);
  • accordi di nona (accordi di 3 suoni);
  • accordi di undicesima (accordi di 3 suoni);
  • accordi di tredicesimai (accordi di 3 suoni);

Come costruire un accordo?

  1. Si sceglie una tonalità (Maggiore o minore).
  2. Si sceglie un grado della tonalità.
  3. Si considera la nota che si trova a distanza di terza (ascendente) rispetto alla nota caratterizzante il grado della tonalità.
  4. Si considera la nota che si trova a distanza di terza (ascendente) rispetto alla nota precedente. In tal modo si hanno 3 note, quindi si ha già un accordo: una triade.
  5. Se si vuole costruire un accordo con più note basta iterare l’ultimo passaggio.

Esempio: Scegliamo come tonalità Do Maggiore e come grado il V (quindi Sol). Salendo di una terza si ottiene Si, e salendo ancora di una terza si arriva al Re. In questo modo abbiamo formato la triade sul V grado di Do Maggiore: SolSiRe.

Esempio: Scegliamo come tonalità Re Maggiore e come grado il I (quindi Re). Salendo di una terza si ottiene Fa# (ricordarsi che il Fa nella scala di Re Maggiore è alterato, così come il Do), salendo ancora di una terza si arriva al La e una terza sopra si trova il Do#. In questo modo abbiamo formato la settima sul I grado di Re Maggiore: Re,Fa#, La, Do#.

Triade sul V grado di Do Maggiore
Accordo di settima sul I grado di Re Maggiore

Come abbiamo già detto gli accordi differiscono anche per gli intervalli fra i suoni che li compongono. Infatti le terze non sono tutte dello stesso tipo: per le triadi e per tutti gli altri accordi esiste una classificazione in base alle specie delle terze (Maggiori o minori) che lo compongono. Inoltre, non sempre gli intervalli fra i suoni che compongono l’accordo sono terze! Nel caso in cui siano terze si dice che l’accordo è in stato fondamentale, nel caso in cui non lo siano si parla di rivolto di un accordo, si tratta cioè di un accordo che si ottiene “rivoltando” un accordo in stato fondamentale. Speghiamo meglio questo concetto con un esempio.

Esempio: Supponiamo di avere l’accordo: MiSolSiDo. Tra due note consecutive c’è sempre una terza, tranne che per SiDo, che infatti è una seconda. Però è possibile ordinare tutte le note in modo da ottenere solo intervalli di terza: basta porre il Do come prima nota dell’accordo (cioè un’ottava sotto). In questo modo si ottiene: DoMiSolSi, che è un accordo in stato fondamentale. Quindi spostando il Do un’ottava sopra si sta rivoltando tale accordo, perciò MiSolSiDo è il rivolto di DoMiSolSi

Dall’accordo Do – Mi – Sol – Si al suo rivolto Mi – Sol – Si – Do

È possibile ottenere più rivolti per ogni accordo. Se si rivolta un accordo in stato fondamentale si ottiene un accordo in rivolto detto primo rivolto. Se si rivolta un accordo in primo rivolto (o, equivalentemente, se si rivolta due volte un accordo in stato fondamentale) si ottiene il secondo rivoltoe così via.

In generale dato un accordo si può ottenere il suo rivolto portando la nota più grave all’ottava sopra. Inoltre dato un accordo le cui note non sono tutte a distanza di terza l’una dall’altra si può determinare l’accordo corrispondente in stato fondamentale ordinando le note per terze.

Tutti questi concetti generali verranno esaminati nel dettaglio con le triadi.

Triadi

Come già detto le triadi sono accordi di 3 suoni. Una triade in stato fondamentale si ottiene sovrapponendo due terze

Sovrapponendo la terza Do – Mi con la terza Mi – Sol si ottiene la triade Do – Mi – Sol

Seguendo questo link puoi ascoltarlo

Le note componenti una triade in stato fondamentale vengono chiamate, partendo dalla più grave alla più acuta: fondamentale, terza e quinta.

A seconda delle specie delle due terze che compongono la triade si ottengono diversi tipi di triadi:

  1. triade Maggiore: 3a Maggiore + 3a minore
  2. triade minore: 3a minore + 3a Maggiore
  3. triade eccedente: 3a Maggiore + 3a Maggiore
  4. triade diminuita: 3a minore + 3a minore

Qualunque grado di una scala Maggiore o minore può essere preso come fondamentale di una triade, quindi è possibile costruire triadi sui gradi di una scala.

Triadi nella scala di Re Maggiore

Analizzando le triadi sulla scala di Re Maggiore possiamo notare che le triadi Maggiori si trovano sul I, IV e V grado, le triadi minori sul II, III e VI grado mentre invece sul VII grado abbiamo una triade diminuita. Non ci sono triadi eccedenti. In ogni scala Maggiore si presenta la stessa situazione. Nelle scale minori i vari tipi di triadi si trovano in gradi diversi. Possiamo riassumere tutti i risultati con la seguente tabella:

Maggiore3\ap{a} M + 3\ap{a} mI, IV, VV, VI
minore3\ap{a} m + 3\ap{a} MII, III, VII, IV
diminuita3\ap{a} m + 3\ap{a} mVIIII, VII
eccedente3\ap{a} M + 3\ap{a} mIII

Le triadi, essendo accordi, possono trovarsi in stato fondamentale oppure in rivolto. Una triade si trova in stato fondamentale quando la fondamentale è la nota più grave della triade. Facendo un rivolto si ottiene una triade in primo rivolto, in tal caso la nota più grave è la terza3. Facendo un altro rivolto si ottiene una triade in \emph{primo rivolto}, dove quindi la nota più grave è la quinta.

Quando una triade è in stato fondamentale la si indica semplicemente con il numero romano relativo al grado, quando è in primo rivolto oltre al grado si pone un 6 in alto a destra, quando è in secondo rivolto si pone un 4 sotto al 6.

Triade sul I grado di Do Maggiore rispettivamente in: stato fondamentale, primo rivolto e secondo rivolto.
Triade sul I grado di Do Maggiore rispettivamente in: stato fondamentale, primo rivolto e secondo rivolto.

L’importanza delle triadi e degli altri accordi

Tutti gli accordi, in particolare le triadi e le settime, sono alla base dell’armonia, che si sviluppa a partire dal 1600. Per capire come è nata l’esigenza di costruire la musica su accordi bisogna fare un salto nel passato.

Gran parte della musica popolare dell’antichità e dei canti medievali erano monodici. La monodia è una composizione in cui esiste una sola linea melodica, cioè una sola voce che però può essere intonata anche da più cantanti, e nella storia della musica occidentale il canto monodico per eccellenza è stato il canto gregoriano4. Dalle melodie dei canti monodici gregoriani nacquero le prime forme di polifonia, uno stile compositivo a due o più voci (vocali e/o strumentali) ciascuna con la propria indipendenza ritmica e melodica. I primi canti polifonici del IX secolo, come quelli del trattato anonimo Musica Enchiriadis, si ottenevano sovrapponendo la melodia del canto gregoriano monodico, detta vox principalis, ad una seconda voce, detta vox organalis, a distanza intervallare di quarta o quinta, procedente per moto retto5. Non si tratta di una vera e propria polifonia poiché le due voci non sono indipendenti, ma col passare dei secoli lo diventano sempre più.

Nell’XI secolo le due voci si scambiano: la vox principalis diventa una voce secondaria che lascia il ruolo a quella organalis, voce inventata costruita sulla base della prima. Nel XII secolo la vox principalis perde ancor di più importanza: diventa un bordone della vox organalis, a cui vengono aggiunti vari melismi. Verso la fine del XII secolo, nell’Ars Antiqua, c’è un grande ampliamento verticale della polifonia aumentando il numero delle voci, in epoca fiamminga si possono trovare esempi di polifonie di addirittura 36 voci, e i fiamminghi erano molto abili ad arricchire i canti con disegni contrappuntistici6. Dal ‘300 al ‘500 si sono sviluppate diverse composizioni polifoniche: madrigale (del ‘300), caccia, ballata, mottetto, chanson, madirgale (del ‘500).

Nel ‘600 dalla polifonia si va verso la monodia con la camerata dei Bardi, un gruppo di uomini fiorentini che proposero il recitar cantando, un nuovo stile di canto che permetteva di mettere in risalto il testo che nei secoli precedenti veniva nascosto dai disegno contrappuntistici della polifonia. In tale periodo il contrappunto venne sottomesso alle leggi dell’armonia tonale di Zarlino: dato un contrappunto si cercava di costruire su esso degli intervalli secondo tali leggi. Ciò segnò il passaggio definitivo verso la tonalità. Nel passaggio dalla polifonia alla monodia venne dato maggior peso al disegno melodico: le voci diventarono sostegno della voce superiore e vennero costruite formando accordi. In particolare si diffuse la pratica compositiva del basso continuo, che consiste in una linea melodica che funge da sostegno armonico in cui sono presenti dei numeri che indicano gli intervalli da costruire (cioè la cifratura degli accordi), quindi come realizzare gli accordi. La razionalizzazione e teoricizzazione di queste “costruzioni” avvenne con Jean-Philippe Rameau (1683 – 1764), il quale scrisse, nel 1722, il Traité de l’harmonie réduite à ses principes naturels6 grazie al quale l’armonia diventò una disciplina autonoma.

La musica occidentale del ‘700 e dell’800 si basa sulla scrittura a 4 parti, cioé ci sono 4 linee melodiche diverse, ed esse vengono chiamate (dalla più acuta alla più grave): soprano, contralto, tenore e basso. Essendoci 4 parti ogni accordo contiene 4 suoni. Se si usano settime ad ogni voce viene attribuita una sua componente (anche se esistono delle eccezioni), nel caso delle triadi invece si hanno solo 3 componenti, quindi una di esse viene raddoppiata per poter dare ad ogni voce una nota. Tra le regole armoniche ci sono quelle sue raddoppi: il più frequente è quello della fondamentale, ma non sempre, nelle triadi in secondo rivolto, ad esempio, si raddoppia sempre la quinta. Altre regole armoniche riguardano i collegamenti fra gli accordi e la disposizione delle componenti di ogni accordo nelle varie voci.

Note

Un intervallo indica la distanza tra due suoni. Un intervallo armonico è un intervallo in cui i due suoni che lo compongono sono simultanei. Per maggiori approfondimenti sugli intervalli potete consultare Teoria musicale: scale e intervalli.

L’armonia è quella parte della teoria musicale che studia gli accordi, i collegamenti fra essi e la loro funzione all’interno della tonalità. Per comprendere meglio il concetto di tonalità potete consultare Teoria musicale: scale e intervalli.

Per terza non si intende la terza nota ma la componente terza della triade, chiamata così poichè si trova a distanza intervallare di terza dalla fondamentale.

Il canto gregoriano è un genere musicale vocale liturgico che si è sviluppato nell’Europa occidentale a partire dall’VIII secolo. Nei primi secoli ogni regione aveva il suo rito liturgico con i suoi canti. Il pluralismo dei riti presenti nel sacro romano impero dell IX secolo poteva compromettere l’accentuazione del potere nell’autorità imperiale (l’unificazione politica dell’impero andava di pari passo con quella religiosa), così Carlo Magno avviò un programma di espansione del rito romano presso i Franchi. Il risultato fu una diffusione di un canto franco-romano che venne imposto in tutto il territorio come canto liturgico ufficiale. Così come i testi sacri, anche i canti dovevano essere tramandati con fedeltà senza alcun mutamento, quindie nacque l’esigenza di passare dalla trasmissione orale della musica a quella scritta. Chiaramente non si indicava ancora nè la durata nè l’altezza delle note ma è in questo periodo che nasce la scrittura musicale, che poi nei secoli successivi si è evoluta dando origine alla scrittura odierna.

Due linee melodiche procedono per moto retto quando si muovono nella stessa direzione, cioé si muovono entrambe secondo intervalli ascendenti o discendenti (salgono o scendono entrambe).

Il contrappunto consiste nella sovrapposizione di due o più linee melodiche secondo determinate regole musicali.

Il lavoro di Rameau non fu accettato dai suoi contemporanei: in molti lo accusarono di essere uno speculatore in ambito musicale e di vedere la musica come una disciplina scientifica e aprendo una diatriba tra l’armonia vista come scienza o come arte (chissà cosa avrebbero detto su Eulero, che nello stesso periodo formulò una teoria musicale interamente su basi matematiche).

Riferimenti bibliografici

  1. AA. VV., Enciclopedia della musica, Le Garzantine, Garzanti libri, gennaio 1999.
  2. AA. VV., Dizionario Enciclopedico della Musica e dei Musicisti, Torino, Utet.
  3. Apreda, Fondamenti teorici dell’arte musicale moderna, Milano, Casa Ricordi, 1999.
  4. Luigi Rossi, Teoria musicale, Edizioni Carrara.
  5. Walter Piston, Armonia, Torino, E.D.T. (I Manuali (EDT/SIdM) ), 1989.

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