Dina Lentini

Alicia Giménez-Bartlett ovvero il giallo mediterraneo. Petra e Firmin, una coppia perfetta nei suoi romanzi. La Bartlett è, insieme ai nordici, uno degli autori di grande richiamo per gli appassionati del genere giallo e noir….

N.d.R. questo saggio è attualmente “obsoleto”. Completamente rivisto, ampliato e arricchito di analisi di alcuni altri romanzi, fa ora parte del saggio di Dina Lentini: “Il romanzo poliziesco contemporaneo tra tensione morale e impegno sociale”, Delos 2019)

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Fra Alicia Giménez Bartlett e i lettori italiani è amore senza riserve.

La Bartlett è, insieme ai nordici, uno degli autori di grande richiamo per gli appassionati del genere giallo e noir: nel suo caso si tratta di un legame con l’Italia confermato dalla partecipazione e premiazione dell’autrice spagnola in occasione di diversi eventi letterari nel nostro paese, cui hanno fatto seguito interesse, sintonia, persino affetto.

Alicia costruisce storie che ambienta a Barcellona, la sua città, secondo uno schema ormai ben consolidato fra gli autori di gialli contemporanei, che in genere snobbano le varie forme di paesaggio mentale, preferendo percorsi ben noti e atmosfere respirate spesso dall’infanzia; anche la protagonista è pensata, come nella maggior parte dei casi, all’interno di una serie: episodio dopo episodio, romanzo dopo romanzo, gli eventi criminosi e investigativi si sviluppano in parallelo rispetto alla linea evolutiva del privato. Petra, protagonista della serie, è, come altre eroine, una donna investigatrice, una donna poliziotto, indipendente, disincantata, persino cinica e segnata dalla vita, dura come il suo nome. Non è, quindi, in questo ambito, quello della semplice “cornice” dei suoi romanzi, che dobbiamo cercare l’originalità della scrittrice e le motivazioni del suo successo-

Certamente l’abilità, che la Bartlett dimostra di possedere, nel dosaggio degli ingredienti giusti per la gestione di una storia complessa, risulta vincente sul piano commerciale: la padronanza perfetta di trame labirintiche e dei relativi colpi di scena, la combinazione di drammaticità e leggerezza, il senso continuo di humor e ironia sono tutti elementi capaci di attrarre e dare piacere al lettore.

La spiegazione superficiale che ricerca le ragioni del successo nella linea di tendenza o nella capacità di dosaggio, più o meno spontaneo o artificiale, di topoi classici e contemporanei risulta solo in parte soddisfacente e non spiega il fascino esercitato in tempi medio-lunghi su una tipologia di lettore mediamente colto, esigente, abituato a spaziare in un vasto campo della narrativa di genere . La risposta può essere cercata proprio nelle esigenze di questo pubblico particolare, che si è fatto le ossa sui classici e ha tenuto vivo il livello dell’attenzione critica, rifuggendo ormai, per esperienza, da banalità alla moda o da riciclaggi di vario tipo e chiedendo alla lettura un modello di storia aggiornato rispetto alla realtà contemporanea capace di fornire quel tipo di vero divertimento che è legato alla soddisfazione intellettuale. In questo senso Bartlett, come i giallisti scandinavi o francesi, riesce a piacere solleticando il gusto della ricerca.

Nel caso di Petra e Firmin, i due personaggi che finiscono per realizzare una coppia perfetta, l’indagine di polizia si sviluppa necessariamente come ricerca innanzitutto del proprio posto nel mondo e dei propri desideri e come scontro-incontro interpersonale. I luoghi, ovviamente, sono quelli tradizionali del tessuto urbano ed extraurbano abitato da una umanità che esprime tutto il ventaglio della criminalità, del degrado o della perversione individuale; ciò che rende affascinante questo viaggio all’inferno è la sensazione continua che non si tratta di una situazione cristallizzata, ma in continua evoluzione e, per i protagonisti, perfino maturazione. E’ forse questo il motivo per cui si è parlato della Bartlett come del Camilleri spagnolo: la disperazione di certo noir francese che sembra leggere il mondo come inchiodato in una negazione metafisica qui è molto lontana. Ma non si tratta nemmeno del buonismo alla Camilleri, troppo legato, almeno recentemente, ad un sentimentalismo dichiarato e quindi stilisticamente debole. Alicia sembra distante anche dalla forte emotività di Izzo, altro cantore dell’atmosfera mediterranea e delle sue tragedie, le cui esagerazioni, benché condivisibili sul piano umano e politico ( a volte l’esagerazione ci vuole proprio!) rischiano di sbilanciare il livello letterario del racconto. Forse c’è maggiore somiglianza con l’impostazione degli autori svedesi, capaci di reggere disincanto e speranza e, soprattutto, capaci di una grande lezione di stile che ha saputo imporsi, rendendola inutile, sulla logora distinzione fra letteratura tout court e letteratura di genere.

Tornando a Petra e Firmin, sembra davvero di essere a contatto con la donna o il vicino della porta accanto. Come molte donne di media cultura e impegnate in attività lavorative, Petra ha vissuto il suo decollo dal ristretto e ovattato mondo borghese ad una veloce socializzazione di tipo moderno con gli inevitabili esiti di crisi e fallimenti; come molte, ha interiorizzato quel modello postfemminista che promette non solo l’indipendenza economica, ma il diritto alla solitudine e all’appagamento del desiderio, a qualunque costo: si tratta di un modo di essere che inizialmente fa apparire Petra superficiale e ovvia, ma acquista una luce diversa nel tempo perché solo in prospettiva ci si rende conto che si tratta non di una rigidezza del carattere o di piatta omologazione, ma di una base di partenza che permetterà la continua analisi e ridefinizione di una donna capace di accettarsi e, quindi, anche di cambiare. Il ritratto di Petra in Nido vuoto è affidato al suo superiore che, in una occasione speciale, ne tesse l’elogio: “Forse sono un po’ masochista, perché non esiste donna al mondo che più di lei abbia il potere di darmi sui nervi. Petra Delicado è attaccabrighe, ribelle, anarchica, testarda e, se mi perdonate l’espressione, una gran rompipalle”. L’evoluzione della inspectora si snoda negli anni, dalla determinazione quasi feroce a difendere il proprio spazio, la propria identità, le voglie del momento fino alle prime incertezze, al riconoscimento della durezza della solitudine e del desiderio di tenerezza. Quanto A Firmin Garzón, la sua umanità complessa è tanto diversa nel contenuto da quella di Petra, quanto simile per la capacità di riflessione, autoironia, disponibilità a rimettersi in gioco: anche lui ha il suo passato di sofferenza e il suo presente di dubbi, speranze, delusioni. Vero macho tutto d’un pezzo, tradizionalista e un po’ bigotto, passa dal disgusto per le provocazioni della sua collega donna che è anche il suo superiore, ad un ruolo più comprensivo e paterno, per finire con l’accettare, insieme a Petra, ormai su un piano di parità, anche le trasformazioni del suo tempo.Insomma , è una persona di esperienza che ha il coraggio di non impantanarsi nel cinismo, di riconoscere cause e momenti della propria sofferenza e, come Petra, di continuare a crescere.

La cifra di questi romanzi, nella grande varietà di trame e ambienti, pare quindi essere proprio l’evoluzione: quella di tipo umano, ma anche quella del lavoro investigativo, che si sviluppa nel conflitto incessante fra metodologie e tecniche diverse; ma quella forse più interessante è quella della società spagnola che analizza i propri cambiamenti e fa i conti con la storia. Ne Il silenzio dei chiostri, la Bartlett rievoca alcune pagine importanti della cattolicissima Spagna: gli eventi della Semana Tragica del 1909 e della Guerra Civile del ’36, con tutte le conseguenze non solo per il clero, ma per tutta la popolazione spagnola da sempre in bilico fra zelo religioso tradizionalista e tensione verso la laicità e la modernizzazione. E’ un riferimento che risulterà alla fine inutile per la soluzione del caso, ma Alicia se ne serve sia per rendere conto dell’importanza

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