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Nino Martino

Nino Martino

Sreet art, a volte il labirinto delle difficoltà è solo una illusione ottica, dipende da come si vedono le cose, e per risolverle è sufficiente camminarci sopra e tutto può diventare semplice. Il difficile, ovviamente, è uscire dai punti di vista che creano le difficoltà.

Riporto qui, integralmente, il report della professoressa Rosanna Sanna (Istituto Comprensivo N.2 di Porto Torres) sul suo lavoro in una classe reale di scuola secondaria di primo grado che ha per argomento lo studio dell’elasticità. Questo lavoro è stato considerato ottimo e da esempio all’interno dell’Associazione Insegnanti di Fisica, A.I.F

Ci sembra importante, a corso di formazione completato, riportare anche le eventuali ricadute nelle classi reali. E’ possibile veramente applicare la metodologia descritta negli articoli precedenti? O è solo una dei tanti bla bla? Se la metodologia ha funzionato nella simulazione del collettivo classe con gli insegnanti, funzionerà anche quando l’insegnante si troverà, solo, nel lavoro concreto quotidiano? La scelta di pubblicare report di lavori in classe in maniera relativamente grezza (a volte sono trascrizioni di registrazioni del lavoro, a volte sono filmati, a volte vi sono osservazioni dell’insegnante stesso sul lavoro fatto) è una scelta precisa. In questa classe reale di Porto Torres (nella mitica Sardegna) il discorso si è sviluppato secondo un suo filo. Questo filo è dipeso da quello che hanno detto i ragazzi. Riteniamo in qualche modo assai utile per tutti noi vedere come si può svolgere un percorso su un argomento di educazione scientifica, sapendo che questo è solo un possibile modo di fare le cose. Fa parte del metodo non dare una serie di scalette prescrittive (come invece spesso si fa). In classe, poi, come sempre accade, le cose diventerebbero difficili, riuscirebbe difficile e contraddittorio obbligare la classe a seguire un filo di discorso precostituito, ignorando la ricchezza degli interventi, uccidendo la creatività, impedendo lo sviluppo di un vero sapere collettivo.

Invece pubblicare un report così com’è, con qualche commento magari, ha il senso di mostrare una possibile via, quella che è realmente avvenuta. Riteniamo che questo possa essere più stimolante per tutti. Poi ciascuno di noi, quando si troverà nella sua classe, sarà libero di seguire la metodologia senza problemi, i percorsi saranno diversi, le ricchezze espresse dagli studenti ci saranno (quelle, se uno sa guardare, ci sono sempre!), e talvolta magari negarla persino. Non ci deve essere nessun “accanimento metodologico” sui poveri studenti…

Pubblicheremo i report che via via arriveranno dalle situazioni concrete coinvolte in questo corso di formazione. E il senso complessivo sarà dato dai report del corso di formazione, più i report dei lavori in classe, più tutte le riflessioni che ci verrà in mente di fare, tutte le critiche, tutti i limiti che potranno emergere. E pubblicheremo anche i “risultati” a distanza di tempo, che sono poi quelli che ci interessano, a ben vedere

Ultima precisazione: è evidente che la metodologia qui descritta e applicata NON significa andare in classe ac ruota libera. Se osservate per esempio questo report, pur sviluppando bene la creatività di ciascuno il risultato è stato … “la legge di Hook sull’elasticità”, con tanto di grafici e di formule. Quindi c’è una certa distanza (per chi ne sa qualche cosa) da alcune teorie costruttiviste, ma questo è un altro discorso, che qui, per il momento, non ci interessa fare.

Il report del lavoro in classse è di Rosanna Sanna, che ringraziamo noi tutti per … avere osato scrivere dettagliatamente di tutto quello che è successo nella sua classe reale (terza media, 3B, dell’Istituto Comprensivo N.2 di Porto Torres). E’ come nell’immagine in testata: a volte le difficoltà sono illusorie, sono frutto di abitudini, di modi di vedere, poi, invece, basta camminarci sopra e il labirinto sparisce. A volte, naturalmente, a volte… ma come si fa a sapere se il labirinto è reale o no senza provare a camminarci sopra?
Nino Martino

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Rosanna Sanna

terza media (3B) Istituto comprensivo N.2 di Porto Torres 5 febbraio 2013

Ho portato in classe bacchette di diverso spessore, di diverso materiale, alcune cave e altre no e prendendone una in mano, ho esercitato una forza alle estremità e ho detto che volevo studiare insieme a loro il fenomeno osservato.

Io ho cercato di svolgere il ruolo di coordinatore senza esprimere giudizi su ciò che i ragazzi affermavano; non sempre ci sono riuscita! Ho cercato di far discutere loro sulle affermazioni proposte.

Le prime osservazioni (senza registratore)

  • L’elasticità dipende dallo spessore e dal materiale. Esistono materiali elastici e materiali non elastici (quasi tutti hanno espresso questo concetto)

  • Si deve modificare la forma dell’oggetto e per fare questo bisogna esercitare una pressione (Enrico)

  • Non si può parlare di pressione perché se con le dita comprimo la bacchetta questa non si flette, devo applicare una forza agli estremi della bacchetta (Laura)

  • Per studiare l’elasticità di un corpo devo vedere quanta forza bisogna imprimere (Simona)

Inizio registrazione (la registrazione è stata fatta utilizzando il computer di classe, alcune osservazioni fatte dai ragazzi non si sentono, io ripeto spesso ciò che hanno detto i ragazzi. Abbiamo rischiato diverse volte di prendere qualche bacchettata in testa ma per fortuna ne siamo usciti tutti illesi. Come vedrai dal video i ragazzi tra una discussione e l’altra giocano molto e non tutti hanno dato il loro contributo. Possiamo migliorare!

  • A seconda del materiale ci vuole una forza diversa per determinare la stessa flessione (Simona)

  • E’ importante se la bacchetta è piena oppure vuota (cava), se è lunga o è corta. (Angelo prende in mano la bacchetta di bambù e osserva che in corrispondenza dei nodi è meno flessibile rispetto alle altre parti)

  • Se la bacchetta è formata da una quantità minore di materiale si flette più facilmente. (Enrico)

  • Per far flettere la bacchetta di legno pieno e più spessa devo imprimere una forza maggiore rispetto a quella che impiegherei per far flettere una bacchetta di legno meno spessa o per far flettere la bacchetta di metallo cava rispetto a quella di metallo non cava (Laura)

 Io suggerisco di fare delle misurazioni (ho anticipato ciò che avrebbero dovuto dire loro)

  • Enrico ribadisce ancora il concetto che la bacchetta formata da meno materiale è più elastica

  • Laura afferma che bisogna conoscere lo spessore della bacchetta se vogliamo misurarne l’elasticità e suggerisce di utilizzare un elastico e di avvolgerlo intorno alla bacchetta. Più giri si fanno e più spessa sarà la bacchetta. Enrico afferma anche che è importante conoscerne il peso (non ho tenuto conto dell’affermazione fatta da Enrico non ho chiesto perché era importante per lui il peso della bacchetta per misurarne l’elasticità)

Si chiarisce che gli elastici devono essere uguali.

Manuel non è tanto convinto di ciò che dice Laura in quanto dice che il suo modo di avvolgere l’elastico può essere diverso da quello usato da Laura…

Talisa sostiene che siccome l’elastico è elastico, a seconda di chi fa i giri uno ne può fare di più e l’altro di meno

Io faccio vedere che oltre ai giri fatti da Laura intorno alla bacchetta, se tendo di più l’elastico posso farne degli altri. Chiedo loro quando mi devo fermare. Laura risponde: quando si spezza l’elastico e i giri li conto prima che l’elastico si spezzi.

Chiedo se ci può essere un altro modo per stabilire lo spessore della bacchetta.

Simona suggerisce che si può prendere un filo e lo si può utilizzare per misurare la lunghezza della circonferenza.

Chiedo se sono mai andati in un negozio di ferramenta a comprare dei tondini di ferro o delle bacchette come quelle che abbiamo in classe.

Ricordano che bisogna fornire delle misure es. $9 mm$ non sanno di preciso a che cosa si riferiscano, parlano di spessore fanno anche l’esempio del calibro di una pistola. Finalmente Enrico dice che si tratta del diametro.

( non mi sono soffermata a chiedere loro quale dei sistemi proposti era il più corretto per rilevare lo spessore della bacchetta)

Cerco di farli tornare sulla forza che viene applicata alla bacchetta e su come possiamo misurarla. E stabilire l’elasticità della bacchetta.

 Hanno sempre in mente di mettere a confronto due bacchette diverse

 Laura dice che bisogna applicare la stessa forza sulle due bacchette. Si rende però subito conto che anche se è la stessa persona ad applicare la forza non è detto che sia la stessa nei due momenti diversi.

N.M. questo è veramente interessante e abbastanza inaspettato. L’osservazione dei ragazzi è che per confrontare le varie flessioni di due bacchette diverse bisogna essere sicuri che la forza applicata sia la stessa, e per far questo … non si può fare a mano. Nasce l’esigenza di qualche cosa che eserciti la stessa forza, una cosa indipendente dalla soggettività della persona. Talisa ha visto giusto, si deve applicare uno stesso pesetto alle due bacchette, un qualche cosa di esterno all’osservazione soggettiva. Nasce così la necessità della misura, della riproducibilità della misura (posso con le mani riprodurre successivamente la stessa esatta forza? ) Ma l’insegnante non coglie, lo dichiara lei stessa, l’importanza di questa osservazione. Solo a posteriori, trascrivendo quello che è successo. Questo accade perché è molto difficile, nel vivo dell’azione, raccogliere tutti gli elementi e sviluppare quelli utili alla ricerca, quelli che possono portare a risultati di comprensione della realtà. Notate poi che questa osservazione di Talisa  non viene raccolta dal resto della classe. E’ la vita…

Talisa suggerisce che non deve essere applicata utilizzando le mani (cioè non deve essere la forza derivata da una persona ma da qualcosa proveniente dall’esterno). Questo suggerimento non viene colto dagli altri e io non l’ho rimarcato!

Si propone che una stessa persona prenda in mano contemporaneamente le due bacchette così si è sicuri di applicare la stessa forza.

Seguono tentativi di misurare l’elasticità considerando la curvatura (l’arco) delle due bacchette quando imprimo la forza alle estremità delle bacchette. (Manuel)

Si accorgono però che non portano a nulla e allora si lascia perdere quella strada.

 Qualcuno ha spento la registrazione e manca una parta della discussione. Per cui vado a memoria.

 Inizialmente pensano di fissare una bacchetta di legno in corrispondenza del suo punto medio e di applicare la stessa forza agli estremi. C’è sempre il problema però di come applicare la stessa forza allora Luca che stava giocando con gli elastici ne appende uno all’estremità della bacchetta e tira verso il basso. Naturalmente la bacchetta si abbassa. Sostiene che è l’elastico che applica la forza alla bacchetta ed è quindi questo a farla abbassare. Angelo gli fa notare che se lui non tirasse l’elastico verso il basso la bacchetta rimarrebbe ferma. Allora pensa che se ci fossero dei pesi si potrebbero appendere alle estremità dell’elastico.

N.M. anche questo è molto bello, dal mio punto di vista. Quello che diceva Talisa, anche se non è stato subito raccolto, emerge di nuovo e di fatto viene applicato. E poi c’è questa questione dell’elastico. Anche se il peso allunga l’elastico la forza applicata all’estremità della sbarretta non cambia. In genere acnhe per gli “adulti” la cosa non è per niente ovvia. Sempre quando ero in presenza di “adulti” la risposta era che la forza applicata variava se l’applicavo direttamente oppure attraverso un elastico. E’ che una quotidianeità della vita induce a pensare che la forza applicata all’elastico si esaurisca nel modificare l’elastico e che quindi quando arriva alla sbarretta… (sto usando non una terminologia scientifica, ma le parole con cui in genere viene spiegata la previsione che si fa). Anche le spiegazioni che forniscono sia Angelo che Talisa sono in qualche modo “ragionevoli”. ma la cosa interessante è che la verifica sperimentale delle affermazioni porta a una sorpresa e a una revisione completa di quello che si pensava. La corrispondenza di una “teoria” con la realtà non viene decisa in base alle parole ma con un apssaggio attraverso una verifica sperimentale, magari costruendo un esperimento ad hoc (faccio notare che qui non siamo a livelli di formalizzazione simbolica elevata, in cui, partendo da ipotesi verificate si costruisce con puri passaggi formali la previsione di altre cose)

Portiamo dei pesi tutti uguali. Ne attacca uno all’estremità ma si accorge che l’elastico si allunga troppo e decide che non va bene. Sulla cattedra c’è anche dello spago e decide di utilizzare quello.

Intervengo io e chiedo come mai ha deciso di utilizzare lo spago e non l’elastico. Lui dice che l’elastico si allunga troppo per cui fa cambiare l’abbassamento della bacchetta. Talisa aggiunge che già la cannuccia è elastica e lo è anche l’elastico per cui si aggiunge elasticità ad elasticità. Tutti concordano. Lo spago va decisamente meglio.

Suggerisco allora di verificare se utilizzando l’elastico o lo spago cambiava qualcosa.

 Suggerisco di fissare la bacchetta ad una estremità e di appendere i pesi ad una sola estremità anziché ai due estremi.

 Si utilizza un morsetto per fissare la bacchetta alla cattedra, non si tiene conto della lunghezza della bacchetta tra il bordo della cattedra e l’estremità della bacchetta a cui vengono applicati i pesi.

Applicano un peso all’elastico e misurano di quanto si è abbassata l’asta. Tolgono l’elastico e lo sostituiscono con lo spago.

Applicano lo stesso peso allo spago lungo quanto l’elastico e misurano di quanto si è abbassata l’asta. Grande stupore!!! L’asta si è abbassata dello stesso tanto.

Per determinare di quanto si è abbassata la bacchetta Luca ha preso un’asta l’ha posizionata perpendicolarmente alla bacchetta e ha segnato la posizione iniziale e finale con delle tacche.

 Successivamente, trovato il sistema, hanno scoperto che aggiungendo pesi uguali si trovavano allungamenti uguali.

Utilizzando la stessa bacchetta e cambiando il punto di applicazione della forza gli allungamenti erano inferiori a quelli misurati in precedenza ma aggiungendo pesi uguali gli allungamenti erano ancora uguali tra loro.

Hanno voluto successivamente allungare la lunghezza dell’asta perché intuitivamente avevano capito che gli allungamenti sarebbero stati maggiori. Ipotesi verificata dall’apparato sperimentale

Porto Torres 15 Febbraio 2015

 Oggi abbiamo deciso di effettuare alcune misurazione per vedere se riuscivamo a caratterizzare meglio il fenomeno dell’elasticità. Si è presentata alla classe l’attività svolta nelle lezioni precedenti perché molti ragazzi erano assenti.

 Si è fissata l’asta alla cattedra e si sono effettuate con lo stesso sistema le misurazioni.

Naturalmente la distanza tra le tacche non è perfettamente uguale per cui ci si rende conto che le misurazioni effettuate non sono precise. L’asta oscilla e cercano di bloccarla usando la mano, inoltre il segno lasciato dal pennarello sull’asta utilizzata per la misurazione non è perfettamente rettilinea.

N.M. i ragazzi ormai si sono scatenati. Possono fare ipotesi e quando uno fa una ipotesi allora si costruisce qualche cosa di sperimentale per verificarla, e se c’è qualche dubbio si rifa tutto. La scoperta del mondo diventa un gioco stupendo. Gioco, nel senso suo proprio, cioè divertimento, è divertente e affascinante scoprire il mondo che ci circonda. Notate qui che non si usa la dialettica e le armi della conoscenza di talune figure retoriche per portare la classe dove si vuole, anche a conclusioni strampalate ma che piaciono all’insegnante. Perché il ricorso alla verificabilità nella realtà impedisce il plagio. E’ bello fare ipotesi, ma decidere quale ipotesi corrisponda a quello che succede realmente non si può decidere a tavolino, con un insieme di parole verosimili o attraverso associazioni libere o emotive o pseudorazionali. E c’è anche spazio, perché no, alla vera poesia, all’arte del disegno e della rappresentazione che in questo report particolare non viene esplorato. Non c’è contraddizione tra il metodo “scientifico” qui usato e l’arte e la poesia e la letteratura. Sono tutte forme di indagine diverse della realtà.

Hanno deciso di appendere i pesi ad un elastico. Si è rifatta la dimostrazione che se si utilizza l’elastico o lo spago gli allungamenti sono sempre uguali in quanto una ragazza, assente nelle lezioni precedenti, era alquanto dubbiosa.

Chiedo adesso che misurazioni dobbiamo effettuare. Laura dice che dobbiamo misurare con una riga gli allungamenti partendo da terra. Alessio dice invece che non è necessario misurare da terra basta prendere la lunghezza degli allungamenti dalla prima tacca effettuata che corrisponde a nessuna forza applicata. Si decide di inserire i dati in una tabella. Nella prima colonna mettono la forza applicata (pesi in grammi) nella seconda colonna gli allungamenti che indicano con il nome “distanza”.

 

Forza

Distanza

$150\ g$

$2\ cm$

$300\ g$

$4\ cm$

$450\ g$

$6\ cm$

$600\ g$

$8\ cm$

 

Quando hanno effettuato l’ultima misurazione l’elastico non toccava terra. Ma dopo un po’ di tempo i ragazzi si sono accorti che l’elastico toccava terra (o i ragazzi hanno fatto forza sull’asta di legno o l’elastico ha perso l’elasticità???? ) io ho detto che forse se il peso sta attaccato all’elastico per molto tempo l’elastico continua ad allungarsi e perde l’elasticità.

Che cosa facciamo adesso con i dati che abbiamo inserito in tabella?

Laura dice che possiamo trovare una relazione tra la forza che viene applicata e l’allungamento. Manuel osserva che aggiungendo di volta in volta una forza pari a $150 g$ si ha un aumento di $2 cm$ nella distanza (non osservano che al raddoppiare della forza raddoppia anche la distanza, al triplicare della forza triplica anche la distanza …). Invito i ragazzi a scrivere, utilizzando il linguaggio matematico, l’osservazione fatta da Manuel e ribadita da Laura. Inizialmente scrivono: $150 + 2$ poi $150 = 2$ . In entrambi i casi ciò che scrivono non mette in relazione le due grandezze. Dopo sollecitazioni varie qualcuno pensa di utilizzare le lettere $x$ ed $y$. Più precisamente indicano la forza con $y$ e la distanza con $x$. Chiedo se conosciamo la forza e la distanza tra le tacche e mi rispondono di si. Chiedo che cosa non conosciamo e rispondono che non conosciamo quanto è elastica la bacchetta che abbiamo utilizzato.

Come facciamo a determinare l’elasticità della bacchetta? Si trovano un po’ in difficoltà a rispondere a questa domanda. Allora io richiamo un’affermazione fatta da Angelo la lezione precedente e invito Angelo a riferirla.

 Angelo dice che il rapporto tra forza e allungamento è costante e questa costante vale $2$( credo che l’abbia detto perché in precedenza abbiamo studiato il rapporto costante tra lunghezza della circonferenza e diametro e il rapporto costante tra angolo alla centro e corrispondente angolo alla circonferenza, non perché abbia visto veramente che il rapporto era costante).

Laura è un po’ dubbiosa e vuole che Angelo dimostri che è effettivamente così. Martina invece sostiene che è necessario sommare tutte le forze applicate. Quando Angelo tenta di spiegare ciò che voleva dire capiamo che anche lui voleva sommare le forze e dividerle per la somma delle distanze.

$$\frac{150 + 300+450+ 600} {2+4+6+8}= \frac{1500}{20} = 75$$

Cerco di fargli capire che ciò che lui ha scritto alla lavagna cioè $\frac{F}{d} = costante$ non corrisponde a ciò che lui ha fatto.

Cerco di farli riflettere sul fatto che noi stiamo cercando di determinare l’elasticità della bacchetta e che più elastica è una bacchetta e maggiori saranno le distanze tra le tacche per uguali forze applicate. Prendo la bacchetta di alluminio e chiedo loro se l’elasticità della bacchetta di allumino è maggiore rispetto a quella di legno e loro non hanno dubbi, rispondono che la bacchetta di allumino è più elastica di quella di legno. Facciamo la prova sperimentale e chiedo che cosa cambia, qualcuno dice che cambia la distanza tra le tacche. Registriamo in tabella i nuovi valori.

Chiedo allora da che cosa posso dedurre che l’asta di alluminio è più elastica di quella di legno. Michela risponde perché gli allungamenti a parità di forza applicata sono maggiori.

Chiedo, se in virtù di ciò che è stato detto,si può trovare una relazione che stabilisca l’elasticità di un corpo. Si ritorna alla relazione proposta da Angelo e alla fine si arriva a trovare che:

$$\frac{F}{d} = \frac{150}{11} = \frac{300}{22} = \frac{450}{33}= 13,6$$

 Nel caso della bacchetta di legno trovo:

 $$\frac{F}{d} = \frac{150}{2} = \frac{300}{4} = \frac{450}{6} = \frac{600}{8} = 75$$

e $75$ è la costante di elasticità.

 A questo punto i ragazzi sono molto dubbiosi in quanto si aspettavano di trovare una costante di elasticità più alta per la bacchetta di allumino e una più bassa per quella di legno. Martina dice che probabilmente abbiamo sbagliato i calcoli perché si vede chiaramente che la bacchetta di allumino è più flessibile di quella di legno. Talisa dice che l’asta di allumino è più leggera (probabilmente voleva dire che il valore $13,6$ minore di $75$ poteva indicare il peso dei due oggetti).

Chiedo ai ragazzi se la relazione che abbiamo trovato può indicare l’elasticità di un corpo dato che la bacchetta di allumino che abbiamo dimostrato essere più elastica di quella legno ha una costante di elasticità minore di quella di legno. Interviene Manuel e dice che secondo lui il valore $13,6$ e $75$ indicano la resistenza del legno cioè la resistenza che la bacchetta di legno e di allumino hanno quando viene applicata una forza. I compagni si dichiarano favorevoli ad accettare la spiegazione data dal compagno. Suggerisco che forse se potessimo rappresentare i dati potremmo ottenere qualche chiarimento in più. Qualcuno propone di rappresentare i dati con un istogramma ma ci si accorge che non porta a niente. Angelo propone invece di rappresentare i dati trovati sul piano cartesiano.

19 Febbraio 2013-03-14

 Divido la classe in 3 gruppi. Un gruppo deve lavorare con la bacchetta di legno, un altro con la bacchetta di alluminio pieno e un altro con la bacchetta di alluminio cavo. Si decide di verificare se la costante di elasticità cambia se cambia il materiale e se cambia il punto in cui viene applicata la forza. In questa immagine un gruppo ha rappresentato l’elasticità della bacchetta di legno e di alluminio.

I gruppi lavorano individualmente e si confrontano poi i dati. Si conclude che l’elasticità è maggiore nella bacchetta di alluminio cava, seguita da quella di alluminio pieno, seguita da quella di legno. L’elasticità diminuisce man mano che la forza viene applicata in un punto che si avvicina all’estremità fissa della bacchetta. Si rappresentano i dati sul piano cartesiano e ci si accorge che l’inclinazione della retta cambia a seconda dell’elasticità della bacchetta.
Maggiore è l’angolo che la retta forma con l’asse delle x e minore sarà l’elasticità del corpo.
Di seguito un gruppo ha riportato sul piano cartesiano il valore dell’elasticità della bacchetta di legno a seconda del punto in cui viene applicata la forza.

Non tutti i gruppi sono riusciti a completare il lavoro nel tempo stabilito. Fra un po’ riprenderò l’argomento e verificherò che cosa è rimasto dell’attività svolta.

Una premessa

L’elasticità nel mondo per parlare d’altro

credenze comuni, misure di elasticità, disinganni, apparenze e altre cose ancora

Sulla costruzione di un curricolo verticale

La ricaduta nelle classi: l’elasticità con i ragazzi

La ricaduta nelle classi: giochi con famiglie di molecole d’acqua allo stato solido, liquido e gassoso

La ricaduta nelle classi: Le stupefacenti trasformazioni di una molecola d’acqua

Sulla luce prima parte

Sulla luce seconda parte

jazz- dipinto di Matisse

In memoria del professore Franco Mura, dal cuore rosso, promotore e organizzatore di questo corso. Oh, amico mio, quante cose avremmo potuto fare ancora, insieme.

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