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Giovanna Repetto

Giovanna Repetto

La torre di Babele, Bruegel il Vecchio. Non solo un problema linguistico…

L’intervento di Giovanna Repetto al panel “Verba Aliena” nella manifestazione Stranimondi 2022. Settemila lingue parlate da noi terrestri. Una vera babele, che non ci distoglie dal fantasticare su un eventuale contatto alieno. Se è così difficile capirsi, perfino fra coloro che parlano la stessa lingua districandosi fra gli opposti ostacoli della limitatezza e della complessità, qual è il vero enigma a cui incessantemente si tenta di dare risposta?

Il tema è ghiotto e confesso di non essermi sottratta a questo tipo di speculazione, benché lo frequenti di rado. Ma sì, in un racconto ho immaginato un alieno microscopico iniettato direttamente nel timo della protagonista, e in un altro ho avviato una comunicazione fra una donna e un alieno in forma di bolla di gas. Non nego che in quest’ultimo caso ne sia scaturita qualche suggestione erotica.

Ma se vogliamo fare un ragionamento riguardo al contatto con gli alieni è il caso di dare prima un’occhiata allo stato della comunicazione in casa nostra. Qui le cose si complicano, perché bisogna ammettere che anche fra terrestri non siamo messi bene. Tralasciamo i vari linguaggi animali, che man mano che li si studia appaiono sempre più complessi, e limitiamoci alla sfera umana. Da una breve ricerca sul web mi risulta che esistono al mondo almeno 141 lingue ufficiali, e includendo quelle non ufficiali arriviamo alla spettabile cifra di circa 7.000. Settemila, ripeto. Altro che alieni: qui è una vera e propria babele!

Ma voglio restringere ulteriormente il campo: limitiamoci a coloro che parlano la stessa lingua. Vi pare facile capirsi? Vediamo subito che la comunicazione verbale presenta due problemi apparentemente opposti: da un lato è troppo limitata, dall’altro troppo complessa.

TROPPO LIMITATA. È impossibile comunicare ciò che è soggettivo. Prendiamo le percezioni sensoriali. Ad esempio i sapori. Come comunico il sapore (ossia il profumo) di una fragola? Facile, se l’interlocutore lo conosce: questo gelato sa di fragola. Ma se non lo conosce? Posso avvicinarmi con metafore o con termini generici. Posso dire che è dolce, un po’ pungente… e così via. Gli stessi aggettivi che userei per il sapore dell’ananas. Eppure sono sapori (profumi) diversi e inconfondibili. È vero che ogni profumo è dovuto a una sostanza che ha una formula chimica precisa. Ma la formula non dà alcuna informazione sulla sensazione che viene percepita. La stessa cosa accade per i colori. Ognuno ha una sua lunghezza d’onda, ma come comunico l’esatta percezione che io ho di un colore, se l’interlocutore non lo conosce? Devo esprimermi per analogie, nominando oggetti dello stesso colore. In definitiva, devo poter contare su un’esperienza comune. Altrimenti la mia percezione non è condivisibile.

TROPPO COMPLESSA. La comunicazione non si limita al significato letterale delle parole, anzi questo è solo una minima parte. A volte perfino superflua, quando un gesto può essere più eloquente. La comunicazione è fatta di verbale e non verbale (gestualità, postura, tono della voce). Basti a pensare a quei che diventano no se detti in tono ironico, a quei no che diventano . È fatta di contenuto e relazione, perché ogni sequenza comunicativa non può prescindere dalla definizione del rapporto fra i due comunicanti. È legata indissolubilmente al contesto: provate a raccontare la stessa barzelletta a una festa o a un funerale, a dire la stessa battuta in vacanza o a un esame. Senza contare la finalità di chi parla, magari mentendo per il proprio interesse, e alla disposizione di chi ascolta, forse prevenuto. (E magari il rapporto fosse così complementare! Succede invece spesso che il malintenzionato parli al fiducioso, e che il prevenuto accolga male le parole di chi è sincero). Pensiamo poi al sistema di valori a cui ognuno degli interlocutori fa riferimento e alla cultura di provenienza, per cui può suonare come un insulto quello che ad altri pare un complimento. Una volta a Genova si chiamava schiena dritta il fannullone che non aveva voglia di lavorare. Ho impiegato un po’ a capire che per altri la stessa espressione descrive la fierezza di chi non scende a compromessi. Infine si deve tener conto dell’esperienza pregressa, per cui ogni parola potrebbe essere legata a un ricordo piacevole o a un trauma, così da acquistare un diverso colore emotivo.

In conclusione, mi sento di dire che la comunicazione umana è così problematica da rappresentare un enigma mai del tutto risolto. Ma ancora più a monte, il vero enigma è il rapporto con l’Altro. L’Altro, con la A maiuscola, è il protagonista dei nostri sogni e dei nostri incubi. È l’eterno sconosciuto, la persona che si può amare o odiare con la stessa intensità: quanti amori si trasformano in odio (e più raramente accade anche il contrario)! Nel regno animale ci sono dei semplici segnali che codificano i ruoli: è abbastanza semplice capire con chi accoppiarsi e contro chi lottare. La nostra complessità invece ci ha condannati a porci incessanti interrogativi sulla natura dell’Altro, sulle sue intenzioni, sulle reazioni che suscita in noi. Niente è mai del tutto certo, del tutto definito. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Questo mistero ci tormenta e ci affascina, e io credo che sia la matrice di molta arte e molta letteratura. Prendiamo le fiabe classiche, quelle che sono arrivate a noi dalla preistoria, trascritte in molte forme ma sempre legate ad archetipi comuni. Il Mostro è uno dei personaggi centrali, fonte di paura ma anche di fascinazione. È l’Altro, lo sconosciuto. È quello che ispira timore ma anche una incessante curiosità. Quello che alla fine bisogna affrontare per poterlo conoscere, con il presentimento che finirà per farci conoscere anche una parte di noi. Qualche volta viene sconfitto, qualche altra volta liberato da un maleficio che ce lo faceva vedere diverso pur essendo simile a noi.

La fantascienza, regina delle metafore, non ha potuto sottrarsi alla pregnanza di questo tema. Qui l’Altro diventa l’Alieno. Non solo extraterrestre, ma alieno in tante forme: mutante, ibrido, artificiale. In una parola diverso. La sua diversità ci appassiona e ci ingaggia in una sfida sempre attuale, perché l’immagine restituita da uno specchio deformante è pur sempre l’immagine di noi stessi. Le risposte che cerchiamo dall’Altro saranno in qualche modo delle risposte su di noi. Ma dove si trovano queste risposte? Ovviamente in un luogo inaccessibile, benché sembri a portata di mano, ed è questo che alimenta senza requie la nostra passione. In mezzo scorreranno sempre dei (benedetti!) fiumi di inchiostro.


Gli altri interventi al panel Verba Aliena, Stranimondi, Milano 2022

Intervento di Nino Martino, “l’ansia della comunicazione”
Se l’alieno è veramente alieno qualche difficoltà di comunicazione (eufemismo) c’è. E a noi umani viene l’ansia della comunicazione

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L’articolo di Mario Pesce da cui tutto è partito compreso il panel nella convention fantascientifica di Stranimondi è: Si fa presto a urlare all’alieno pubblicato su questo stesso sito al link riportato.
Il panel a Stranimondi era intitolato, appunto, Verba Aliena. Al panel hanno partecipato: Mario Pesce (moderatore), Nino Martino ( presenza on line, su schermo), Sandro Battisti, Franci Conforti, Elena di Fazio, Giovanna Repetto). Ovvero come da un’idea originale ( Mario Pesce e Sandro Battisti) e da un articolo può nascere un panel a una convention di fantascienza
che pare abbia avuto un certo successo
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